Il palazzo dei sogni by Ismail Kadare

Il palazzo dei sogni by Ismail Kadare

autore:Ismail Kadare
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2023-12-15T00:00:00+00:00


4. Il giorno di riposo

Due o tre volte Mark-Alem si svegliò di soprassalto per paura di arrivare in ritardo in ufficio. La sua mano si preparava a scostare la coperta, ma all’improvviso nel suo cervello offuscato dal sonno affiorò il pensiero che quello era il suo giorno di riposo, così tornò a sprofondare in una sonnolenza inquieta. Era la prima volta dalla sua assunzione al Palazzo dei Sogni che gli avevano dato un giorno libero.

Alla fine, aprì gli occhi. La luce del giorno che filtrava dalle tende di velluto raggiungeva attenuata il suo cuscino. Si stiracchiò per un attimo, poi gettò indietro le coperte e si alzò dal letto. Doveva essere tardi. Si avvicinò allo specchio e contemplò il suo viso gonfio di sonno. Si sentiva la testa pesante come piombo. Non avrebbe mai creduto che, al suo primo giorno di riposo, si sarebbe svegliato più stanco che mai.

Pur non essendosi alzato presto, amava quella prima parte della mattina, che gli appariva come l’età nubile del giorno, quando non eran ancora usciti dal letto gli sciacalli delle banche, le cartomanti, i lampionai e le prostitute dal sesso affaticato.

Si lavò la faccia e si sentì un po’ più fresco. Gli pareva che, con un piccolo sforzo, sarebbe riuscito a ricordare due brevi sogni che aveva fatto alle prime ore del mattino. Da quando lavorava al Tabir Saraj sognava di rado, come se i sogni – sapendo che lui conosceva a fondo i loro segreti e che avrebbe potuto dire loro: andate a tormentare un altro, non me! – non osassero più presentarsi a lui.

Mentre scendeva le scale, sentì l’aroma del caffè tostato e del pane abbrustolito. La madre e Lokja lo stavano aspettando da un pezzo per fare colazione insieme.

“Buongiorno!” disse lui.

“Buongiorno!” risposero loro con uno sguardo di tenerezza. “Hai dormito bene? Hai l’aria riposata.”

Lui annuì e si sedette vicino al braciere pieno di carboni incandescenti, di fronte al quale avevano avvicinato il tavolino basso con il servizio da caffè. Dato che ormai si precipitava fuori all’alba ogni mattina, aveva quasi dimenticato quell’ora piacevole in cui i riflessi dell’argenteria, delle braci, dei bordi ramati dei vecchi bracieri domestici creavano, insieme alla fioca luce del giorno, l’impressione di un eterno mattino avvolto di tenerezza.

Mark-Alem mangiò lentamente, poi prese il caffè insieme a sua madre. Dopo averne bevuto l’ultimo sorso, sua madre come al solito rovesciò la tazzina sul piattino e Lokja si avvicinò per leggere il segno rimasto sul fondo. Un tempo quello era stato il momento in cui in famiglia ci si raccontava qualche sogno fatto durante la notte, ma, da quando Mark-Alem aveva cominciato a lavorare, nessuno aveva più osato menzionare i propri sogni. Avevano smesso di farlo in seguito a un piccolo incidente che era capitato durante la prima settimana dopo la sua assunzione, quando una delle sue zie si era presentata a casa, creando grande scompiglio, per raccontargli il sogno che aveva fatto la notte prima. “Siamo fortunati,” aveva esclamato lei, “possediamo la chiave definitiva di



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